È aperta fino al 15 maggio la personale di Gianfranco Mello allestita nei Chiostri di Santa Croce, Spazio Città di Vita. L’occasione della Pasqua sembra abbia suggerito il titolo per questi dipinti recenti (dell’87-89): «Tempo di morte e resurrezione».
Una rassegna sicuramente rilevante, consona allo spirito del luogo che l’ospita.
Mello, un artista ormai affermato, appalesa la propria fedeltà al richiamo di una vocazione che non si dispone al concetto puro, all’elucubrazione, allo sperimentalismo programmato dei nostri giorni.
Obbedisce assolutamente alle pulsioni di un sentimento inteso come capacità di percepire il palpito segreto, l’energia nascosta nel fondo delle parvenze. I paesaggi, i giardini, i fiori e le piante di Mello non sono impressioni, ma interpretazioni dei dati naturali, com’è di ogni opera autentica.
C’è notoriamente, oltre all’interpretazione per concetti, un’interpretazione che non astrae, ma s’interna, che non sillogizza ma rivive toto corde l’evento esperienziale.
Mello non riproduce le forme, ne visualizza il significato con un tramite sensitivo che è apprensione per intuito, conoscenza noetica. Coglie cioè il flusso vitale che anima l’esistere e il divenire della materia come spiritualizzata. Secondo la nozione bergsoniana di slancio vitale.
Contemplazione e abbandono
L’interna esperienza si traduce al-lora in centri d’emozione vagamente struggente, da cui nasce una sorta di arcano tra contemplazione e abbandono, tra sensuoso e mistico, tra naturale e simbolico.
Vive così la forma estetica senza che si dimentichi la forma naturale che il concettualismo contemporaneo pensa di poter rifiutare o umiliare per una pretesa purezza lirica scissa dal senso Una pittura tonale, questa di Mello, che nel gioco sapiente, effuso e sognante delle luci e delle ombre conduce a quella interna realtà che è stata la meta costante dell’arte contemporanea. Per questo Mello è a buon diritto un pittore assolutamente moderno.
1992 - Chiostri di Santa Croce